UN TELEFONO AZZURRO PER LA MESSA
Carrellata dei più frequenti abusi liturgici
di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro
Da BastaBugie n. 322
Ci vorrebbe un telefono azzurro anche per la liturgia. Anzi, soprattutto
per la liturgia. Un telefono al quale i cattolici normali possano
rivolgersi con fiducia e denunciare gli abusi. "Pronto, Telefono Azzurro
per la Santa Messa? Volevo segnalarvi che nella parrocchia XY il prete
Taldeitali fa tenere l'omelia alla suora laica che assomiglia a Rosy
Bindi". E, dall'altra parte del cavo, solerti operatori impegnati a
stilare un cahier de doléance da girare, in forma ufficiale, alla Chiesa
Cattolica apostolica di Roma. E poi ci vorrebbe l'altrettanto solerte
intervento di Roma. Il primo sintomo dell'epidemia di abuso liturgico
sta nella rottura definitiva dell'unità della Messa. Chiesa che vai,
liturgia che trovi. Il periodo estivo, con le sue escursioni per
spiagge, valli, monti, colline e vecchi borghi, è stato l'occasione
tragica per riscontrare l'esistenza di una molteplicità di riti, che
nessuno è umanamente in grado di catalogare. Per tentare una
classificazione di questo scempio da decenni tollerato, quando non
incoraggiato, dalle gerarchie, bisogna individuare alcune
macro-categorie di orrori.
LE CHIESE RIDOTTE A LUOGHI PROFANI
II
primo abuso, il più diffuso, è consistito e consiste nella inesorabile
riduzione delle chiese a luoghi profani. Luoghi nei quali si entra e si
esce come da un centro commerciale, senza genuflessione e senza saluto
al Santissimo Sacramento, che del resto in moltissime chiese è relegato
in posizioni misteriose ed introvabili, quando non addirittura fatto
accomodare in locali attigui al tempio. I protagonisti di questa
secolarizzazione delle chiese sono gli architetti e chi li ha
incaricati, che hanno realizzato mostruosi edifici, i quali nulla hanno
di sacro e spiccano anzi per la loro oggettiva bruttezza. La conseguenza
di questa autentica profanazione è che le chiese sono diventate luoghi
importanti solo quando vi si riunisce l'assemblea e inizia quella che
menti teologiche raffinate definiscono "l'azione liturgica". Fino a un
secondo prima della Messa, la folla discorre amabilmente, si guarda in
giro per vedere chi ci sia, controlla già impaziente l'orologio. Gli
inginocchiatoi, per una preghiera di preparazione alla Messa, restano
desolatamente vuoti, sempre che ancora siano presenti. Del resto, non è
raro che lo stesso sacerdote giunga trafelato in sacrestia all'ultimo
minuto, indossando in fretta e furia casule di nylon su camicioni dotati
di praticissime cerniere lampo. Finita la Messa, in chiesa si scatena
la bagarre, come all'uscita da San Siro a fine partita: la gente per lo
più si da a una fuga precipitosa, altri si salutano calorosamente e ad
alta voce si raccontano le ultime novità. Insomma, si "da corpo a una
comunità viva". Il ringraziamento nel raccoglimento e nel silenzio? Roba
preconciliare. Nel tabernacolo, Nostro Signore presente nel Santissimo
Sacramento, del tutto ignorato, assiste solo e silenzioso alla
volgarizzazione della sua casa. Nella quale non mancheranno, ovviamente,
applausi ai funerali, discorsi dal pulpito di sindaci atei per
commemorare il defunto, concerti e conferenze, senza nemmeno
preoccuparsi di lasciare vuoto il tabernacolo.
IL SACERDOTE CHE CELEBRA A BRACCIO
È
sempre più frequente che il prete scelga di tradurre con le sue parole
alcuni pezzi della Messa o anche di sottoporli a una specie di
spiegazione alla Piero Angela di "SuperQuark": "Ecco, adesso recitiamo
questa preghiera, dalla quale si capisce che Gesù ci ama". Dal che si
intuisce come nemmeno l'abolizione della temutissima Messa in latino sia
stata sufficiente a spiegare ed a far capire tutto al volgo cattolico.
Ci vuole la spiegazione del Mistero, il cartello da museo di scienze
naturali per svelare ciò che Dio stesso ha voluto fosse velato ai nostri
sensi, come recita la splendida preghiera di Tommaso d'Aquino.
L'ANDIRIVIENI PER LE LETTURE & LE "QUOTE ROSA"
Una
delle pietre miliari consiste nel protagonismo dei laici. I quali
devono conquistare più metri possibili sull'altare, proprio come i
giocatori di rugby devono guadagnare campo per avvicinarsi alla meta. Il
reclutamento di tali laici da liturgia subisce sorti altalenanti: si va
dalle parrocchie (poche) nelle quali cattolici adulti sgomitano per
avere un ruolo e così "animare la Messa", a parrocchie (quasi tutte) in
cui i laici vivono con fastidio o persine terrore il reclutamento
frettoloso che precede la Messa (o che avviene a Messa già iniziata).
Alcuni agenti del parroco vagano alla ricerca di chi "farà la prima"
(lettura) o di chi porterà all'altare le offerte. Avendo cura di
garantire che il 50% dei lettori siano donne, in omaggio al genio
femminile. Che viene parimenti esaltato anche dal numero di chierichette
dalle lunghe chiome fluenti che occupano l'altare, a tutto detrimento
dei declinanti e ormai rari chierichetti di sesso maschile.
IL VANGELO LETTO DAL POPOLO E LE MESSE PARZIALMENTE SCREMATE
La
logica di occupazione dell'altare da parte dei laici spinge anche a far
leggere il Vangelo a laici, suore e catechisti. Affidando loro pure il
compito di commentare. In alcune chiese si sperimenta da anni una sorta
di rito parallelo: l'assemblea in chiesa, i bambini del catechismo in un
locale diverso, con letture adattate alle loro povere menti e predica
del catechista; cui poi segue ricongiungimento dei due gruppi al momento
della consacrazione.
L'OMELIA VUOTA E INASCOLTABILE
Non si
tratta propriamente di abuso liturgico, ma di abuso della pazienza dei
fedeli. Sarebbe auspicabile una moratoria dalle prediche di almeno un
anno, per verificare se alla fine il silenzio non possa risultare più
sano delle ormai trite e ritrite dosi di cattiva teologia tardo
novecentesca, cui è drammaticamente aggrappata gran parte del clero
attuale.
È LA PREGHIERA DEI FEDELI O LA SCALETTA DEL TG?
È uno
dei momenti più tragici della Messa domenicale, nel quale spesso i
fedeli assistono attoniti al trionfo del politicamente corretto,
navigano nel banal grande di un'agenda delle intenzioni che è dettata
dal Tg1 della sera, subiscono un diluvio di parole che abbracciano così
tante intenzioni da essere riassumibili in un'unica, brevissima
preghiera:"Signore, ascolta tutte le preghiere di ciascuno di noi,
Amen".
LA CONSACRAZIONE, QUESTA SCONOSCIUTA
Quello che è,
appunto, il Sacrificio e dunque il cuore della Messa scorre via spesso
come un breve, rapidissimo momento qualsiasi del rito. Anzi, sotto il
profilo quantitativo e perfino rituale, la lettura della "Parola" la
predica, perfino la preghiera dei fedeli e l'offertorio, sovrastano in
modo impressionante la fase della consacrazione. Potremmo dire che la
assorbono, a causa di sacerdoti che la celebrano con la lena di un
velocista, riducono l'elevazione a un istante infinitesimale, scelgono
da sempre la preghiera di consacrazione più rapida e mai quella più
simile alla Messa antica; e non si inginocchiano, limitandosi a un
deferente inchino orientaleggiante.
COMUNIONE O TAVOLA CALDA?
La
profanazione cui è sottoposto Nostro Signore nelle Sacre Specie è la
parte più dolorosa degli abusi liturgici. A cominciare dalla diffusione
pressoché plebiscitaria della comunione sulla mano, che venne introdotta
dai vescovi italiani come eccezione, sotto forma di indulto, di
concessione particolare. E che oggi è invece il modo ufficiale di
ricevere il Santissimo. Con una serie di modalità e di strani
contorcimenti dei fedeli che pigliano quanto volevano e poi se ne
tornano al posto. E' indiscutibile che, con queste modalità, la
dispersione delle Sacre Specie e la conseguente profanazione del Corpo e
del Sangue di Nostro Signore è certa. Come pure aumentano a dismisura i
rischi di asportazione della Comunione. Circostanze, che renderebbero
necessario abbandonare subito la distribuzione sulle mani.
IL FAMIGERATO "ALLELUIA DELLE LAMPADINE"
Tra
tutte le orrende e non di rado ereticheggianti composizioni, che
allietano la cosiddetta assemblea, questo è l'inno nazionale di tutti
gli scempi musicali, che si sono sprigionati dopo l'abbandono del
gregoriano. Questo canto-ballo rappresenta in modo emblematico la
trasformazione della Messa da sacrificio a banchetto allegrone, nel
quale tragicamente, come dicono le parole del testo, "la festa siamo
noi". E non più Gesù Cristo.
Fonte: Radici Cristiane, Ottobre 2013 (n.88)