domenica 11 gennaio 2015

ricevere la comunione

Di don Roberto Gulino, docente di liturgia.

Nelle prime comunità cristiane era normale ricevere il corpo di Cristo direttamente sulle mani; al riguardo vi sono numerose testimonianze, sia nell’area orientale, sia in quella occidentale: molti Padri della Chiesa - Tertulliano, Cipriano, Cirillo di Gerusalemme, Basilio, Teodoro di Mopsuestia… -, diversi canoni giuridici sanciti durante sinodi e concili (il Sinodo di Costantinopoli del 629; i Sinodi delle Gallie tra VI e VII secolo; il Concilio di Auxerre avvenuto tra il 561 e il 605...), fino alle testimonianze dell’VIII secolo di s. Beda il Venerabile e s. Giovanni Damasceno: tutti attestano la medesima diffusa tradizione.

In questi documenti si chiede sempre che il comunicarsi sulla mano avvenga con grande rispetto e devozione: pulizia delle mani per gli uomini, velo sulla mano per le donne, mani disposte a forma di croce… ed inoltre si indica la profonda attenzione da avere contro il pericolo di profanazione (da sempre tenuto di conto).

Quando nel medioevo alcune correnti teologiche misero in discussione la modalità della presenza reale di Cristo nel Santissimo Sacramento - arrivando alcuni a definirlo come un segno vuoto che richiama solo lontanamente la realtà sostanziale del Signore presente in mezzo a noi - la reazione della comunità ecclesiale fu di sottolineare maggiormente la venerazione e l’adorazione per le Specie Eucaristiche fino ad introdurre il nuovo rito di ricevere la Comunione direttamente sulla bocca ed in ginocchio proprio per sottolinearne la grandezza della presenza reale del corpo di Cristo.

Dopo la riforma liturgica del Concilio Vaticano II, attraverso l’Istruzione Memoriale Domini promulgata dalla S. Congregazione per il culto Divino il 29 maggio 1969, la Chiesa ha lasciato alle singole Conferenze Episcopali la possibilità di richiedere la facoltà di introdurre l’uso di ricevere la Comunione sulla mano.

In Italia tale prassi è stata richiesta dalla Conferenza Episcopale nel maggio 1989 ed è entrata in vigore il 3 dicembre dello stesso anno, prima domenica di Avvento. Il testo dell’Istruzione sulla Comunione eucaristica, datato 19 luglio 1989, circa la modalità di questo ulteriore modo di ricevere l’ostia consacrata spiega: «Particolarmente appropriato appare oggi l’uso di accedere processionalmente all’altare ricevendo in piedi, con un gesto di riverenza, le specie eucaristiche, professando con l’Amen la fede nella presenza sacramentale di Cristo. Accanto all’uso della comunione sulla lingua, la Chiesa permette di dare l’eucaristia deponendola sulla mano dei fedeli protese entrambe verso il ministro, (la sinistra sopra la destra), ad accogliere con riverenza e rispetto il corpo di Cristo. I fedeli sono liberi di scegliere tra i due modi ammessi. Chi la riceve sulle mani la porterà alla bocca davanti al ministro o appena spostandosi di lato per consentire al fedele che segue di avanzare. Se la comunione viene data per intenzione, sarà consentita soltanto nel primo modo» (n° 14-15).

È importante sottolineare come ricevere la Comunione sulla mano non è un obbligo, ma una possibilità, lasciando al singolo fedele la facoltà di scegliere la modalità più confacente alla propria sensibilità spirituale. Ed è altrettanto importante ribadire come questa duplice prassi non è prevista in tutte le nazioni, ma solo in quelle in cui la Conferenza Episcopale ha richiesto ed ottenuto tale facoltà dalla Santa Sede.

Il Papa ha chiesto espressamente che nelle celebrazioni da lui presiedute si distribuisca la Comunione solo sulle labbra dei fedeli; l’elevato numero dei partecipanti e le condizioni stesse del luogo della celebrazione (spesso in luoghi aperti) fanno ben comprendere l’opportunità di questa decisione.

Concludo richiamando come sicuramente entrambi gli usi hanno significati propri e profondi. Di certo occorre ricevere il corpo di Cristo sempre con fede, rispetto e adorazione indipendentemente dalla specifica modalità, stando attenti ad ogni singolo frammento dell’eucaristia ed al decoro dei nostri gesti («…fai delle tua mano sinistra un trono per la tua mano destra, poiché questa deve ricevere il Re…» s. Cirillo di Gerusalemme, Catechesi mistagogiche, 5,21).

Come sempre, la sostanza delle azioni liturgiche ci chiede di unire e fondere insieme l’interiorità dello spirito con le modalità esteriori della loro celebrazione.
 vedi: http://www.novena.it/il_teologo_risponde/teologo_risponde_88.htm

sabato 10 gennaio 2015

L'altare di Dio e l'Eucarestia

Nell'ultima cena, prima della sua passione, Gesù raduna i suoi attorno ad una tavola. Nasce il rito il rito della Pasqua cristiana.


Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.
Matteo 26,17-19


Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Marco 14,12-16


Venne il giorno degli Azzimi, nel quale si doveva immolare la Pasqua. Gesù mandò Pietro e Giovanni dicendo: «Andate a preparare per noi, perché possiamo mangiare la Pasqua». Gli chiesero: «Dove vuoi che prepariamo?». Ed egli rispose loro: «Appena entrati in città, vi verrà incontro un uomo che porta una brocca d’acqua; seguitelo nella casa in cui entrerà. Direte al padrone di casa: “Il Maestro ti dice: Dov’è la stanza in cui posso mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una sala, grande e arredata; lì preparate». Essi andarono e trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Luca 22,7-13

Gesù istituisce la santa eucarestia [εὐχαρίστω: ringraziamento], e formula il rito di comunione che è il momento centrale di tutta la vita cristiana, il momento in cui si verifica l'unione perfetta tra Dio e l'Uomo. Gesù, alla maniera di Melchisedek, offre del pane e del vino ai suoi dicepoli.
Intanto Melchisedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole:
«Sia benedetto Abram dal Dio altissimo,
creatore del cielo e della terra,
e benedetto sia il Dio altissimo,
che ti ha messo in mano i tuoi nemici».

Genesi 14,18-20

Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: «Prendete e mangiate; questo è il mio corpo». Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati. Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio».
 Matteo 26,26-29

 Il rito è costituito dunque dalla condivisione del pane e del vino, di un cibo che semplice, essenziale e quotidiano. Le parole di Gesù fanno capire che quel pane è il suo corpo, cioè la sua carne, è il suo corpo diventato pane, e che quel vino, parimenti, è il suo sangue diventato vino.

L'altare di una chiesa è dunque la mensa dell'ultima cena, il tavolo presso il quale siedono e mangiano inseme Dio e l'uomo.

Ma l'altare cristiano è anche la mangiatoia di Betlemme.
Betlemme in ebraico vuol dire "casa del pane" e in arabo "casa della carne". E' a Betlemme che il piccolo Gesù appena nato è deposto in una mangiatoia, in una mensa per gli animali.
Già alla nascita dunque, Gesù è simbolicamente presentato al mondo come qualcosa da mangiare, come un pane, un pane che è però anche carne.

Dunque l'altare cristiano, che è mensa dell'ultima cena, è anche il presepe (mangiatoia) di Betlemme.

L'altare cristiano condivide con quello pagano, con l'ara, la funzione sacrificale. 
E' vero, l'altare ospita un sacrificio, quello sempre rinnovato di Gesù Agnello Pasquale. E però non è un sacrificio a senso unico, com'era quello dei sacerdoti pagani, non è il sacrificio dell'agnello che l'uomo immola alla divinità; è piuttosto il sacrificio dell'Agnello di Dio che viene immolato all'Umanità e a Dio stesso in un solo atto.
E' Dio che compie il sacrificio per l'uomo, e in Gesù-uomo anche viceversa; l'uomo a questo Sacrificio divino si aggrappa, si innesta cercando la salvezza che è data solo dal sacrificio perfetto. Dio per l'Uomo e l'Uomo per Dio.

Per questa nuova funzione che ha l'altare cristiano è bello che la chiesa abbia voluto infine rivolgere la mensa/greppia del sacrificio verso tutti i fedeli, perchè tutti i fedeli cristiani sono invitati idealmente a sedere  intorno alla mensa del cenacolo, insieme con Gesù. E tutti sono chiamati a recarsi alla mangiatoia di Betlemme per contemplare il Dio  che si è fatto carne. Il Dio che ogni giorno ad ogni messa si fa pane e si fa vino. 

«Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici; cospargi di olio il mio capo. Il mio calice trabocca.
Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, e abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni.»
 dal Salmo di Davide


lunedì 5 gennaio 2015

L'uso del campanello nella messa di rito romano

Ab antiquo nella santa messa si usa suonare un campanello per sottolineare i momenti di maggiore importanza. In molte chiesesi sta perdendo l'uso di questo semplice strumento a causa del venir meno di chierichetti e ministranti.
Scopo del campanello è di richiamare l'attenzione del fedele, e di renderlo totalmente partecipe al Sacrificio.

Come si usa il campanello liturgico secondo le due forme del Rito Romano?
nella Forma Ordinaria del Rito Romano il suo uso è limitato al momento della Consacrazione, infatti leggiamo nel Messale Romano:
150. Poco prima della consacrazione, il ministro, se è opportuno, avverte i fedeli con un segno di campanello. Così pure suona il campanello alla presentazione al popolo dell'ostia consacrata e del calice secondo le consuetudini locali.

Da ciò si capisce come il campanello serva per avvertire i fedeli che la consacrazione è imminente.

In questo caso il segnale sonoro del campanello va dato non appena finito il "Santo", prima della preghiera di Consacrazione, in modo che i fedeli sentendolo abbiano modo di disporsi convenientemente. Successivamente sarà suonato con tre rintocchi sia all'elevazione dell'Ostia sia all'elevazione del Calice.

Vi  chi ritiene, anche se ciò non è previsto, essere una buona regola dare un ultimo trillo di campanello al "Mistero della Fede" o, dove sia consuetudine di rimanere inginocchiati fino alla fine del Canone, alla fine del "Per Cristo".

Nella Forma Extraordinaria del Rito Romano il campanello ha un uso più articolato, ed è volto a sottolineare i momenti salienti della celebrazione:
Al Sanctus si danno tre segnali , uno per ogni volta che viene recitata la suddetta parola, ed è il segnale per la disposizione dei fedeli.
Durante il Canone è dato un segnale all'inizio delle formule di Consacrazione, quando il presbitero stende le mani sul Calice alla preghiera dell'Hanc Igitur
Alla consacrazione si da un segnale quando il Sacerdote si inginocchia prima e dopo le elevazioni, oltre ai tre segnali durante le elevazioni stesse.
Alla piccola elevazione delle Specie Eucaristiche un altro segnale, subito dopo il Per Ipsum
Prima della Comunione del presbitero che presiede la celebrazione si danno tre segnali , ogni qualvolta egli dice: Signore non sono degno... (Domine non sum Dignus...)

domenica 4 gennaio 2015

Il Padre Nostro

Il Padre Nostro è la preghiera per eccellenza di noi cristiani.

 
Come si prega con il Padre Nostro.

Il Padre Nostro è la preghiera filiale di Cristo e dei cristiani, è personale, ma è anche collettiva; infatti, pregando al plurale, ogni cristiano prega per se stesso e al tempo stesso prega per tutti i suoi fratelli in Cristo, e per l'umanità intera. 

Ripetendo le stesse parole di Gesù il cristiano entra in perfetta comunione col Figlio e si fa "figlio" lui stesso, parlando a Dio come al Padre che Dio intende essere. 

Il Padre Nostro è da dire restando possibimente in piedi, alzando le braccia al cielo, tese simbolicamente verso il Padre con il quale si sta parlando, volendolo idealente abbracciare e accoglierne l'abbraccio paterno.

 «Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.»
[parabola "del figlio prodigo" Luca 15,20]


Non tutto il senso delle parole di Cristo può essere da noi colto fino in fondo, per i misteri che contiene, ma noi possiamo dire a Dio "Padre, sai che è mia intenzione pregarti esattamente come mi ha insegnato tuo Figlio Gesù, e di farlo con le sue stesse parole e col medesimo senso, perciò ti prego, accogli o Padre ciò che io dico come se fosse tuo proprio Figlio Gesù a parlare per me."

Unire le mani fra i fedeli formando una sorta di catena fraterna ed umana è in fondo una deformazione del gesto originario: mentre le mani rivolte al cielo porgono inequivocabilmente il senso di un abbraccio tra il Padre e il figlio, la catena di mani unite fra loro pone piuttosto l'accento sull'unità dei fratelli, ma molto spesso rischia di far dimenticare il Padre. 

 Ecco i passi dei vangeli di Matteo e di Luca che parlano del Padre Nostro
«Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli. Quando dunque fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Quando invece tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate.
Voi dunque pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome;
venga il tuo regno;
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male
.

Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.
 Matteo 6,1-15

Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
Padre, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;

dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdonaci i nostri peccati,
perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore,
e non ci indurre in tentazione
».


 Luca 11,1-4

 

La preghiera liturgica

Questa è la versione latina della chiesa
Pàter nòster, qui es in caelis,
sanctificètur nomen tùum, advèniat regnum tùum,
fiat volùntas tua sìcut in caelo et in terra;
panem nostrum cotidiànum dà nobis hòdie,
et dimìtte nobis dèbita nostra
sìcut et nos dimìttimus debitòribus nostris,
et ne nos indùcas in tentatiònem,
sed lìbera nos a malo.
Amen

 e questa la versione italiana
Padre nostro, che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male.
Amen.
 Questa è invece una versione italiana personale che io propongo
Padre nostro, che sei nei cieli,
santo è il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
(insegnaci Signore e perdonare)
e non lasciarci cadere in tentazione,
ma liberaci dal male e dal maligno.
Amen.